Il “proving” è la sperimentazione pura del medicinale omeopatico sull’uomo sano, svolta per ottenere il quadro generale dei sintomi propri del rimedio stesso, nella sua patogenesi.
Quando si trova scritto che Belladonna o Apis o Calcarea carbonica sono utili a quadri sintomatici con questa e quest’altra caratteristica peculiare, sono informazioni che sono state ricavate da questa sperimentazione. Nessuno si è inventato niente.
La differenza più straordinaria di questo metodo d’indagine è proprio quella di eseguirla su soggetti sani e NON su malati, come invece avviene per i farmaci convenzionali. In quest’ultimo caso, si raggruppano dei volontari malati della “stessa patologia” e si applica il farmaco di sintesi per vedere se sia efficace sul gruppo sperimentale. Ma Hahnemann ci dice un paio di cose di fondamentale importanza:
- Nessuno soffre allo stesso modo di un altro, anche se apparentemente la patologia sembra la stessa
- Quando uno è malato, le sue sensazioni, le sue percezioni, le sue reazioni sono diverse, proprio perché alterate dalla malattia in corso.
Le regole del proving sono chiare e precise e Hahnemann le riporta ai paragrafi 105-147 della sua opera principale ORGANON, dell’arte di guarire, 6^ edizione.
In pratica, si raccolgono in questo caso dei volontari sani che si prestano alla sperimentazione e, suddivisi in due gruppi con il verum e il placebo, si verifica quali sintomi la sostanza testata sviluppa e scatena nel soggetto sperimentatore, e se siano coerenti. Ciascuno tiene un diario prima e dopo le somministrazioni, in modo da vedere quali sono i cambiamenti insorti a seguito della sostanza, secondo la propria sensibilità individuale.
Secondo le indicazioni di Hahnemann, la potenza usata preferibilmente nelle sperimentazioni è la 30CH: una potenza intermedia che riesca anche a far scaturire i sintomi più mentali, sul numero più alto di sperimentatori.
Più importante del numero dei provers/sperimentatori coinvolti, è la presenza di più costituzioni diverse.
La durata del proving va intorno alle 2-3 settimane-un mese, dove i sintomi più forti compaiono nei primi giorni, poi via via diminuiscono in quest’arco di tempo.
Dalla raccolta finale dei diari coerenti di tutti gli sperimentatori, si realizza quella che viene chiamata la Materia Medica del rimedio, cioè l’insieme delle caratteristiche del materiale sperimentato, sommando quelle organolettiche e compositive proprie della sostanza in sé, con quelle emerse dalle esperienze.
Nel linguaggio tecnico-scientifico più odierno, c’è una differenza importante tra dimostrare l’efficacia di un trattamento in un contesto sperimentale, e verificarne l’effettività nella pratica clinica reale. E il Proving è proprio il modo con cui l’Omeopatia dimostra l’efficacia di un medicinale: cioè la capacità di portare una differenza biologica rispetto a prima di assumere quella sostanza, sperimentalmente.
Pare incredibile, ma Hahnemann si preoccupò di delineare tutte le condizioni sperimentali (certificando la purezza del medicinale usato, le abitudini dietetiche degli sperimentatori, il paritario bilanciamento tra i due sessi nei bracci sperimentali, ecc.), codificando così le regole (mai viste prima!!!) della sperimentazione scientifica sull’uomo.
I primi trials omeopatici in cui l’Omeopatia fu sperimentata contro placebo, furono eseguiti fin dal 1829-30, cioè almeno 100 anni prima dei trials allopatici contro placebo.
Lo stesso avviene nei provings omeopatici più recenti, con la randomizzazione sperimentale in doppio cieco. Dopo di lui gli Omeopati perfezionarono la metodologia sperimentale dei provings, e introdussero nel 1842 l’uso del gruppo di controllo con placebo, prima con il singolo cieco, poi con il doppio.
Il nostro Hahnemann si conferma all’avanguardia nelle scoperte in seguito adottate dal mondo scientifico moderno e geniale anticipatore del metodo rigoroso per la ricerca scientifica in generale.
Dr.ssa Renata Calieri