Lo strano caso di nux vomica

Che la noce vomica fosse velenosa ne ero fermamente convinta, soprattutto quel sabato pomeriggio.

Era quasi estate, faceva caldo e mi trovavo dietro al bancone, tutta sola. Era una delle mie prime esperienze in solitaria: avevo infatti firmato il contratto il 6 di giugno e tra l’altro doveva essere per me una soluzione temporanea, perché in realtà non vedevo l’ora di ritornare in laboratorio all’Università, dove mi sentivo perfettamente a mio agio.
La borsa di studio e i contratti di collaborazione erano terminati e per non stare a oziare e aspettare i tempi biblici per un concorso, avevo accettato di buon grado questa nuova sfida: si trattava infatti di mettere in pratica quanto appreso nei cinque anni di studio, che sarebbe mai stato?

Tutto andava bene, almeno fino a quel dannato sabato pomeriggio.

Come si può immaginare, nei sabati pomeriggio estivi non c’è grande affluenza e questo mi permetteva di prendere confidenza coi medicinali; nei corsi universitari si parla di molecole, con nomi spesso impronunciabili e formule chimiche che, agli occhi dei non addetti ai lavori, possono sembrare opere astratte di dubbio gusto. Al banco però ti ritrovi con medicinali i cui nomi di fantasia (quelli assegnati dalla specifica ditta produttrice) spesso non hanno nulla a che fare con ciò che contengono, e all’inizio c’è molto lavoro di memoria e collegamento da fare. Ricordo che quel pomeriggio stavo scartabellando tra i vari antibiotici per bambini: mono-somministrazione giornaliera, due dosi, lontano dai pasti, controindicazioni… insomma studiavo un po’. Mentre ero china sul cassettone degli sciroppi, sento la porta aprirsi ed entra un signore distinto che molto educatamente mi saluta. Osservo che si guarda intorno: è chiaro che spera salti fuori dal retro qualcuno da interpellare al posto mio e lo capisco, vista la mia giovane età (di allora). Noto il suo imbarazzo e decido di affrontarlo con la mia immancabile ironia: “Al momento sono la sua sola opportunità, posso provare ad esserle utile?”. Lui sorride, il clima si è stemperato e io mi sento già meglio, più sicura di me, qualunque cosa mi chieda ho studiato per cinque anni, mi sono laureata con grandissima soddisfazione, ho esperienza universitaria, ce la posso fare!!! Lui allora mi guarda e molto serenamente mi chiede: “Mi può dare Nux vomica 30 CH in granuli, per cortesia?”. Un silenzio imbarazzante durato il tempo in cui mentalmente mi si aprisse il file Noce vomica… dunque… farmacognosia, botanica, tossicologia, patologia di pianta i cui semi celano un veleno potentissimo: la stricnina. E il silenzio finì. “Vuole scherzare vero?” Questa sono io. “Ma lo sa che la stricnina è altamente velenosa? Non si usa più come rodenticida, è troppo pericolosa! Ha dei topi in casa? C’è la colla, nel caso. Oddio, non la vorrà mica usare per tagliare uno stupefacente, vero? Per acquistare un veleno servono delle ricette particolari e tutto va registrato…”. Lui sorride ancora e mi dice: “Possiamo fare così: puoi aprire uno di quei cassettini piccoli che hai (e mi indica esattamente la posizione a fianco del bancone per andare nel retro) e cercare in ordine alfabetico sotto la N, oppure torno quando c’è quella più esperta.”. Quella frase la ricorderò per tutta la vita. Così apro i cassetti e scopro un centinaio di tubetti colorati pieni di palline tutti disposti in ordine alfabetico, tra cui anche quella maledetta Nux vomica 30 CH. Li avevo visti in realtà, ma non mi avevano destato alcuna curiosità.

Passo il codice a barre al gestionale del computer, lui mi paga e io gliela consegno scusandomi per l’arroganza di aver creduto di sapere, e con il disgustoso disagio di aver venduto un medicinale senza saperne assolutamente nulla. Perché lo usava? Quanto ne prendeva? Poteva avere interazioni con altre terapie? E se avesse degli effetti collaterali? Lui coglie questo malessere e vuole confortarmi: “Questa è una cura omeopatica, seguo le indicazioni del Medico omeopata e mi ha cambiato la vita. Non temere, la assumo già da tempo, con grande beneficio.”. Il paziente che avevo difronte sapeva più di me al riguardo, come era possibile? Perché non avevo mai sentito parlare di Omeopatia, se poi la devo vendere in farmacia? Dove si studiano queste cose?...

Quella della mia conseguente formazione in Omeopatia, durata oltre la decina di anni e, con molta soddisfazione sempre in esercizio, è tutta un’altra storia che vi racconterò una prossima volta. Vorrei però lasciarvi con un paio di frasi che sono solita dire quando io stessa faccio formazione: “Malgrado non venga insegnata, nell’Omeopatia ho ritrovato molti degli insegnamenti che l’Università mi ha fornito nei cinque anni di corso di Laurea; appartiene alle competenze senza le quali non è possibile accompagnare un paziente in un percorso di cura e guarigione. La conoscenza e la pratica dell’Omeopatia, medicina basata sul rispetto delle peculiarità della singola persona, mi hanno arricchita professionalmente e umanamente e reso una persona migliore.”.

 

Dr.ssa Manuela Gozzi – Farmacista CoFIAO

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